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Tumore alla mammella, nuove terapie per ridurre il rischio di recidiva: lo studio del team Unipa

La recente ricerca pubblicata sulla nota rivista Nature Communications è il risultato di una collaborazione multidisciplinare di numerose Università ed Istituzioni nazionali e internazionali. In particolare il gruppo di ricerca dell’Università di Trento, coordinato dal professor Alessio Zippo e quello dell’Università di Palermo guidato dalla professoressa Matilde Todaro, insieme alla ricercatrice Alice Turdo e alla post-Doc Caterina D’Accardo del Dipartimento Promise e alla ricercatrice Miriam Gaggianesi del dipartimento MePreCC, hanno sviluppato un modello preclinico che mima l’insorgenza e la disseminazione in organi secondari delle cellule tumorali di mammella che a causa del loro fenotipo “dormiente” riescono a sopravvivere in un ambiente poco favorevole e sfuggire alla sorveglianza immunitaria anti-tumorale. Questo studio pone le basi per lo sviluppo di nuove terapie volte a ridurre il rischio di recidiva in pazienti con carcinoma alla mammella.

“Il tumore alla mammella è la neoplasia più frequentemente diagnosticata e la prima causa di morte oncologica nelle donne in tutto il mondo – spiegano dal team di ricerca -. Sebbene in Italia nel 2023 siano stati diagnosticati quasi 60 mila nuovi casi, grazie alla diagnosi precoce e all’efficacia dei trattamenti il tasso di sopravvivenza a cinque anni delle pazienti affette da tumore al seno raggiunge circa l’87%. Al contrario, i tumori diagnosticati in una fase avanzata sono meno suscettibili alle terapie tradizionali e spesso associati a recidive entro due anni dalla diagnosi. Inoltre, circa il 20% delle pazienti con un tumore localizzato sensibile all’ormonoterapia presenta una ricomparsa della malattia a 15 anni. Questo fenomeno è responsabile della malattia minima residua, causata dalla presenza di cellule tumorali disseminate “dormienti” in grado di colonizzare in organi distanti e persistere in uno stato latente prima di dare origine a metastasi. Numerosi studi hanno evidenziato che l’adattamento delle cellule tumorali agli stimoli che provengono dall’esterno, mediante la riprogrammazione epigenetica, giochi un ruolo centrale nella progressione del cancro e nella formazione di metastasi”.

“Grazie all’esperienza acquisita negli anni da parte del nostro gruppo nell’ambito della ricerca preclinica abbiamo ricreato un modello che mima l’insorgenza e la progressione metastatica dei tumori alla mammella per poter studiare il ruolo delle cellule disseminate, responsabili della malattia minima residua – dichiara Miriam Gaggianesi del dipartimento MePreCC – La possibilità di poter caratterizzare a livello molecolare queste cellule potrebbe portare allo sviluppo terapie personalizzate”.

“Una delle principali cause della ricomparsa della malattia è data dall’incapacità del sistema immunitario di riconoscere e dunque ostacolare la diffusione di cellule tumorali presenti nell’organo metastatico – dichiarano le dottoresse Alice Turdo e Caterina d’Accardo (dipartimento Promise) – La possibilità di poter potenziare l’immunosorveglianza è di fatto una delle nuove frontiere nel panorama delle terapie anti-tumorali”.

“La collaborazione multidisciplinare tra diversi gruppi nazionali e internazionali provenienti da Australia, Canada, America, Spagna ed Italia rappresenta un importante passo avanti nello studio e nel controllo delle metastasi – sottolinea la professoressa Matilde Todaro del dipartimento Promise -. Questo studio, frutto dell’impegno congiunto di ricercatori provenienti da diverse discipline, ha contribuito significativamente alla comprensione e alla gestione delle metastasi dormienti del carcinoma mammario. L’apporto dei giovani ricercatori è stato fondamentale in questo processo. La loro partecipazione attiva e il loro entusiasmo hanno arricchito la ricerca, portando a nuove prospettive e soluzioni innovative. Grazie alla loro apertura alla collaborazione e alla condivisione delle conoscenze è stato possibile superare le sfide complesse legate allo studio delle metastasi dormienti. In un ambito così complesso, è essenziale che i ricercatori provenienti da diverse discipline lavorino insieme, integrando le proprie competenze per affrontare efficacemente il problema. Questa sinergia tra esperti ha permesso di compiere un passo significativo verso la sconfitta o il controllo delle metastasi, offrendo nuove speranze nella lotta contro il carcinoma mammario metastatico”. Per condurre lo studio sono stati utilizzati finanziamenti provenienti da progetti dell’Airc.

Fonte: PalermoToday